Il Decreto Sostegni, in corso di conversione in legge ed il cui testo è stato approvato con voto di fiducia dall'Aula del Senato il 6 maggio u.s., ha differito dal 31 marzo 2021 al 31 dicembre 2021il termine finale di applicazione della disciplina transitoria introdotta dal Decreto Rilancio (art. 93, c. 1, DL 34/2020 conv. in L. 77/2020).
Sino alla fine dell'anno 2021, pertanto, i contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato potranno essere rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di dodici mesi e fermo restando il limite di durata complessiva di 24 mesi, senza alcuna indicazione di causale. L'atto in deroga alle condizioni stabilite dall'art. 19, c. 1, D.Lgs. 81/2015, può essere stipulato una sola volta ma non si terrà conto di eventuali proroghe o rinnovi disposti prima dell'entrata in vigore del Decreto Sostegni con l'utilizzo della medesima deroga.
Il mantenimento della misura è finalizzato al tentativo di salvaguardare l'occupazione dei giovani e delle donne, non potendo trascurare che la Nota trimestrale pubblicata il 22 marzo 2021 da ISTAT, ministero del Lavoro, INPS, INAIL ed ANPAL segnala una diminuzione dell'occupazione di 0,9 punti tra il 4° trimestre 2019 e il 4° trimestre 2020 rispetto all'analogo periodo tra il 2018 e il 2019, soprattutto per i giovani di 15-34 anni e nel Nord.
I dipendenti a termine presentano un calo maggiore (-3,9 punti), con un aumento delle transizioni sia verso la disoccupazione che verso l'inattività.
La norma transitoria in oggetto consente la deroga al numero massimo di proroghe, previsto dalla normativa generale sui contratti di lavoro a termine, così come il rinnovo del contratto può avvenire senza il rispetto dell'intervallo minimo richiesto dall'art. 21 D.Lgs. 81/2015.
In tal senso si è espresso l'INL, con Nota INL 16 settembre 2020 n. 713152, sottolineando che qualora il contratto fosse stato già oggetto di 4 proroghe è comunque possibile prorogarne ulteriormente la durata per un periodo massimo di 12 mesi, così come è possibile rinnovarlo senza l'osservanza del c.d. periodo cuscinetto, purché sia rispettata la durata massima di 24 mesi complessivi.
Per valutare il peso della misura agevolativa giova rammentare che l'art. 19, c. 1, D.Lgs. 81/2015 richiede per l'avvio di contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, la sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria. Il già richiamato art. 21 D.Lgs. 81/2015 richiede la sussistenza di una di tali esigenze in caso di rinnovo del contratto a termine e/o di proroga che comporti una durata del rapporto di lavoro superiore ai predetti 12 mesi.
È, però, confermata la norma generale che disciplina il contratto a termine. Pertanto, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi e con l'eccezione delle attività stagionali - la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato - intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore - conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i 24 mesi per effetto di un singolo contratto o di una successione di contratti.
Qualora il suddetto limite sia superato, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento. Tuttavia, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di 12 mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell'Ispettorato del Lavoro competenti per territorio. In quest'ultimo caso, però, non valgono le disposizioni in deroga fin qui esaminate (Nota INL 16 settembre 2020 n. 713152).
Nessuna deroga subisce il diritto di precedenza che può essere esercitato dai lavoratori che con contratto a termine hanno lavorato presso un datore di lavoro per almeno 6 mesi, continuativi o in sommatoria. Il diritto deve essere esercitato, per iscritto, entro i 6 mesi successivi alla chiusura del precedente contratto e vale fino al compimento dei 12 mesi, dal momento della precedente cessazione. Termini minori sono previsti in caso di lavoro stagionale. I lavoratori che hanno un contratto per una delle attività stagionali previste dal DPR 1525/63 o dalla contrattazione collettiva possono esercitare il diritto di precedenza per un ulteriore rapporto stagionale, per iscritto, entro i 3 mesi successivi alla fine del contratto.
Peraltro, il datore di lavoro è tenuto ad indicare, nella lettera di assunzione con contratto a termine, anche se stagionale il richiamo alla norma di legge che disciplina il diritto di cui sopra. La mancata indicazione non è espressamente sanzionata ma potrebbe essere oggetto di disposizione art. 14 D.Lgs. 124/2004 in caso di accertamento ispettivo da parte degli organi di vigilanza dell'Ispettorato territoriale del Lavoro.
Particolare rilevanza assume, invece, il mancato rispetto del diritto di precedenza quando il lavoratore abbia espresso l'inte
nzione di avvalersi del diritto. Interviene in tal caso l'art. 31, c. 1 lett. b), D.Lgs. 150/2015 che dispone la non spettanza degli incentivi e degli sgravi contributivi quando l'assunzione che li può generare viola il diritto di precedenza stabilito dalla legge o dal contratto collettivo.
FONTE: Mementopiù quotidiano lavoro
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